Crescere insieme una generazione migliore (come sai) è la nostra missione. Nel nostro continuo domandarci come raggiungerlo abbiamo pensato di condividere di più le nostre conoscenze ed esperienze, con parole semplici.
Così è nata eduletter, una newsletter educativa riservata ai soci. È un contenitore di storie, studi scientifici, suggerimenti e confronti, con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di una società in cui tutti gli adulti (sia insegnanti che genitori) sono alleati per aiutare i bambini a crescere.
L’appuntamento è quindicinale. Puoi farci sapere cosa ne pensi e proporre temi e domande scrivendo a [email protected]. Buona lettura.
Eduletter #1 - 13 settembre 2020
Fiore è uno dei bambini che ha partecipato ai nostri potenziamenti in classe, nel secondo anno di scuola primaria. Ha gli occhi grandi e marroni e un sorriso impaurito e dolcissimo. All’inizio del percorso in aula Fiore (il nome è di fantasia ma il resto della storia è vera) non alza la testa dal banco e non interagisce neanche se stimolato. Sembra un animaletto sull’uscio della sua tana, costantemente sul chi va là.
È una giornata autunnale e uggiosa quando entriamo in classe e proponiamo l’attività “Centra il piattino”. Ciascun bambino deve prendere un bigliettino su cui è scritta una semplice operazione (in relazione all’età) e andare a risolverla dove preferisce e con i suoi tempi. Quando ha terminato comunica il risultato al nostro tutor o alla maestra e corre a mettere il biglietto in un piattino, poi ne prende un altro e il gioco continua. La classe si trasforma subito in un viavai di bambini elettrizzati che corrono avanti e indietro con i loro fogliettini, entusiasti se il risultato è giusto, pensierosi ma determinati quando è sbagliato.
Questa attività contiene diversi elementi “magici” (nel senso che fa avvenire cose che normalmente non accadono).
La prima magia è che ciascun bambino è totalmente concentrato sul proprio lavoro. Non si sente addosso lo sguardo degli altri, non prova il disagio di dover risolvere l’operazione mentre crede che i compagni l’abbiano già risolta e fremano per dire la soluzione al posto suo. C’è solo lui e un problema a cui trovare una soluzione.
La seconda magia è che ciascun bambino può prendersi il tempo che gli serve per riflettere. Non c’è nessuno che gli dice “Maestra io la so!” oppure “Dai che è facile!”. Alcuni ci mettono poco, altri tanto, ma l’importante è che ciascuno trova la propria strada verso la soluzione.
Fiore afferra il foglietto e va a sistemarsi sotto un banco, nell’angolo più lontano della classe. In quel luogo tranquillo comincia a confrontarsi con l’operazione. All’improvviso esplode: “Ce l’ho! Ce l’ho!” Esce da sotto il banco raggiante e arriva da noi con il risultato giusto.
I suoi occhi urlavano tutta la sua felicità e l’orgoglio di avercela fatta. L’emozione che abbiamo provato quel giorno la sentiamo ancora oggi, raccontando questo episodio.
Ma c’è di più. Fiore prende il secondo bigliettino ma questa volta sembra in difficoltà. Gli diciamo: “Se hai bisogno ci siamo”. Risponde: ”Mmmhhh... sì”. Ecco un’altra magia: l’apertura, la relazione con noi. Per la prima volta ci offre la possibilità di aiutarlo a trovare strategie diverse e sostenerlo nell’apprendimento.
Ma cosa è successo?
Tutte queste magie accadono grazie al tempo. Nella quotidianità il tempo è un elemento che definisce il nostro modo di comprendere il mondo, di relazionarci con l’altro. Il tempo influisce sulla nostra capacità di accogliere le informazioni, gestire le trasformazioni emotive e cognitive che questi stimoli producono, elaborare una risposta pertinente.
Se a questo aggiungiamo l’individualità, intesa come la modalità (personalissima) con cui ciascuno di noi effettua questo processo, diventa evidente che l’apprendimento debba essere per sua specifica natura, senza tempo.
Ma non è sempre così. Anzi. Cresciamo in un contesto in cui la velocità sembra essere premiante, in aula come a casa. Ma possiamo ottenere tantissimo semplicemente impegnandoci a concedere a ciascun bambino il tempo che gli serve per elaborare gli stimoli e fornire le sue risposte. Gli regaleremo la possibilità di migliorare la sicurezza di sé e il suo benessere generale, sia a scuola che in famiglia.
Per cui, lasciamo a ciascun bambino il tempo di pensare. (E prendiamocelo anche noi, se gli altri non ce lo concedono). |