Che cos'è davvero un gioco? Come si fa a organizzare un vero gioco libero? In questo approfondimento esploriamo i significati e le applicazioni pratiche del gioco negli esseri umani e negli altri animali, con l'aiuto dei più grandi esperti al mondo sull'educazione, l'apprendimento e il gioco libero.
In questo episodio:
00:00 Introduzione
09:48 La definizione di gioco libero
21:16 La libertà come elemento del gioco
38:02 Anche gli adulti possono giocare con i bambini
48:46 Come giocano gli animali
Il gioco è uno strumento fondamentale che l'evoluzione ha messo a disposizione degli animali, in generale, e poi in maniera ancora più sofisticata dell'essere umano. Tuttavia noi tendiamo culturalmente a distinguere tra attività serie e attività giocose, senza considerare che quando i bambini piccoli giocano (e non solo loro) sono in realtà serissimi e concentrati.
Lo psicologo Peter Gray ha parlato a lungo dell'importanza del gioco libero nell'educazione. Per definire che cos'è il gioco, Gray ci ricorda alcune caratteristiche fondamentali.
Innanzitutto il gioco ha a che fare con la motivazione e l'attitudine mentale, non con l'attività che si sta svolgendo: dunque non ci sono attività che sono sicuramente giochi e altre che non lo sono. Rodolfo Cavaliere, ad esempio, è stato un pallavolista professionista ma dice che per la maggior parte della sua vita non ha "giocato" a pallavolo. Invece con la giusta motivazione e attitudine mentale qualunque attività, perfino una riunione di lavoro, potrebbe diventare un gioco.
Inoltre il gioco non è necessariamente "tutto o niente". Un'attività può avere un livello più o meno alto di giocosità. Questo ci aiuta a chiarire che in gruppi poco abituati al gioco libero si può alzare gradualmente il livello di giocosità.
Il terzo punto che solleva è che il gioco non è definito da una singola caratteristica ma da un gruppo di caratteristiche che possono essere presenti in toto oppure solo in parte. È il mix di queste caratteristiche che determina la giocosità:
Queste caratteristiche ci fanno capire che molte delle attività che consideriamo giochi hanno in realtà un livello di giocosità basso.
L'evoluzione ci ha reso adatti al mondo. I cuccioli di animali e i bambini usano il gioco istintivamente per apprendere ciò che serve. In questo momento si apprendono alcune delle abilità fondamentali per vivere (come camminare e parlare) e il livello di giocosità è massimo. Solo quando gli adulti impongono regole e strutture alle attività si diminuisce la giocosità. Questo ci suggerisce di avere maggiore coraggio nel lasciare libertà ai bambini nel gestire le loro attività.
La prima libertà, come ci insegna Peter Gray, è di scegliere le attività e di poter smettere quando vogliono. A questo punto ogni bambino ha il potere di ascoltare sé stesso e decidere, ad esempio, se può tollerare le difficoltà relazionali con un compagno prepotente perché l'attività lo interessa oppure dire: "Io non gioco più". A questo punto sarà lo stesso compagno prepotente a regolare il proprio atteggiamento per far continuare un'attività che lo coinvolgeva.
Questa autoregolazione funziona molto meglio che una regola o un'imposizione. Ovviamente se il gruppo è abituato a svolgere attività molto strutturate questa libertà va aggiunta gradualmente.
Rodolfo Cavaliere ha raccontato un'esperienza vissuta in un allenamento di calcio, durante una collaborazione con lo staff tecnico. Uno dei bambini veniva escluso dai compagni mentre si giocava una partitella cinque contro cinque e ha chiesto all'allenatore se poteva cambiare attività, l'allenatore ha acconsentito, poi ha chiesto agli altri se avevano capito il motivo dell'abbandono. Così hanno capito che dovevano coinvolgerlo di più nel gioco e quando ha chiesto di poter tornare i compagni erano molto più disposti a passargli il pallone. Avevano capito che non si erano sentiti bene nel vederlo andare via e che giocare quattro contro cinque era squilibrato. Tutto questo non sarebbe stato possibile se l'allenatore avesse inserito come regola di passargli di più il pallone.
Anche se la giocosità può essere inserita ovunque, la realtà è che i bambini sono quasi sempre sottoposti ad attività strutturate sia a scuola sia quando fanno sport. Quindi per aumentare le occasioni i genitori possono organizzare delle attività di gioco libero con i figli.
In alcuni casi gli adulti possono essere i leader del gioco, ma devono avere la sensibilità che i bambini hanno nelle attività per lasciare i bambini liberi di partecipare o smettere. Insomma, non devono apparire come dei giudici o degli arbitri, ma come dei partecipanti allo stesso livello. Un modo semplice è fingere di non saper giocare e farsi spiegare le regole dal bambino, in modo che i ruoli si ribaltino.
Inoltre bisogna ricordare che il mezzo ha molto più valore del fine: l'obiettivo vero non è vincere la partita ma sperimentare delle soluzioni, anche se non sono le più efficaci. In tutti i casi in cui il bambino sperimenta strategie che sappiamo essere meno vincenti è utile sperimentarle insieme a loro, perché vincere non è l'obiettivo primario.
Molte caratteristiche del gioco degli animali, anch'esse descritte da Peter Gray, assomigliano a quelle degli umani. Ad esempio il gioco per gli animali non è funzionale. In altre parole, se un cucciolo gioca a cacciare non ha fame. Il gioco deve essere separato dai momenti in cui si soddisfano i bisogni primari. Inoltre gli animali si scambiano i ruoli: è facile notarlo quando due cani di dimensioni diverse giocano insieme, il più grande non è sempre dominante. Questo perché istintivamente vogliono allenarsi in tutte le sue situazioni possibili. Queste caratteristiche trovano molti paralleli tra gli esseri umani.
Bibliografia:
- P. Gray, The Value of Play I: The Definition of Play Gives Insights, Psychology Today
- P. Gray, Definitions of Play, Scholarpedia
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