La domanda più frequente che fanno i bambini è: "Perché?". I perché dei bambini sono l'inizio di un'indagine filosofica, la ricerca di un spiegazione profonda, di un modo per capire il mondo. Il compito di noi adulti è non interrompere questa indagine fingendo di avere tutte le risposte, ma metterci dalla loro parte, ascoltarli ed esplorare con loro le possibili risposte.
In questo approfondimento la nostra Cristina Pasteris, insegnante, tutor dell'apprendimento ed esperta di Filosofia con i bambini, ci aiuterà a capire come fare.
In questo episodio:
00:00 Introduzione
04:22 Che cos'è la Filosofia con i bambini
14:09 Gli obiettivi della Filosofia con i bambini
24:55 Come si fa la Filosofia con i bambini
37:22 Come si svolge una discussione
44:03 Qualche esempio concreto
Molti bambini e ragazzi dicono di non essere ascoltati: "Durante i miei undici anni di insegnamento e non solo, - racconta Cristina Pasteris, insegnante e tutor dell'apprendimento, - ho sentito molte volte questa lamentela. I giovani e giovanissimi hanno un gran bisogno di essere ascoltati, di allenarsi a esprimere i propri pensieri e confrontarsi". La Filosofia con i bambini può essere di grande aiuto.
Questa pratica nasce negli Stati Uniti negli anni Settanta con il nome di Philosophy for Children (o P4C). Questo programma educativo è stato sviluppato da Matthew Lipman, professore emerito alla Montclaire State University, dopo essersi accorto che i suoi allievi avevano grandi difficoltà nell'argomentare i loro pensieri. La Philosophy for Children è un vero e proprio programma educativo strutturato.
La Filosofia con i bambini prende spunto da questo programma per organizzare delle attività per incentivare il dialogo e l'ascolto. I bambini si sento liberi di proporre i propri punti di vista senza sentirsi sottoposti a un giudizio, perché l'insegnante si pone allo stesso livello dei bambini come un facilitatore e un mediatore del dialogo. Grazie allo strumento principe della filosofia con i bambini, il dialogo filosofico, si impara a conoscere meglio sé stessi e formarsi il proprio senso del sé attraverso il confronto con li altri.
Gli obiettivi riguardano quattro grandi aree.
Per prima cosa è importante scegliere un setting idoneo. Il luogo in cui avviene il dialogo dovrebbe essere rilassante, confortevole e informale. Inoltre non deve contenere troppe distrazioni, come giochi o altre attività.
Ci si siede in cerchio, su delle sedie oppure per terra. All'inizio, nella scuola dell'infanzia, le sessioni possono durare 15 minuti. Ma si può arrivare a 50 minuti quando la classe è allenata e riesce ad autogestirsi.
Soprattutto con i bambini più piccoli è utile introdurre oggetti che richiamano l'argomento di discussione (ad es. se il tema è l'arte si può usare un pennello come microfono per segnalare il turno di chi parla).
L'insegnante svolge il ruolo di facilitatore. È seduto insieme agli allievi, alla stessa altezza, e non esprime giudizi né dà risposte. È semplicemente colui che rilancia le domande e cerca di chiarire le idee espresse dai bambini. È utile appuntarsi su un quaderno alcuni appunti sulle idee emerse, per tirare le fila della sessione in chiusura e tenere traccia di quelle più interessanti.
Ogni sessione inizia con una o più domande che fungono da stimolo. La proposta stimolo può anche essere una storia, una canzone o la scena di un film. Può anche essere una situazione reale accaduta alla classe o alla scuola, come può essere un conflitto tra i bambini o un'altra situazione problematica. L'importante è che possa stimolare la riflessione e il confronto e che si adatti all'età dei bambini.
Anche il dialogo filosofico ha delle regole. Queste regole servono a organizzare la sessione e favorire l'espressione e il confronto. Ovviamente non è sempre è automatico che vengano rispettate, soprattutto tra i più piccoli. Per questo si possono scrivere su dei cartoncini e tirarle fuori all'occorrenza (come vedete nella foto qui sotto, in inglese perché tratte da una scuola bilingue).
Ecco le regole:
Col passare del tempo queste regole verranno interiorizzate e non sarà più necessario riprenderle. Ma nelle prime sessioni aiutano a gestire in armonia la discussione.
È importante che l'insegnante tenga traccia dei pensieri emersi e delle connessioni che si generano, soprattutto dalla primaria in poi.
Il suo compito, poi, è di stimolare e rilanciare la discussione. Ad es. con domande come "In che senso?" oppure "Spiegati meglio?". Può anche esprimere con altre parole un pensiero emerso, chiedendo poi se ha capito correttamente.
Ogni volta che è possibile deve porre delle domande per innalzare la discussione a un livello più astratto e trarre una riflessione filosofica dagli argomenti concreti che si stanno dibattendo. Ciò che non deve mai fare è dirsi in accordo o in disaccordo con le opinioni, né esprimere giudizi.
Non possiamo sapere in anticipo cosa emergerà dalla discussione, per questo serve molta flessibilità nella gestione della sessione.
Le sessioni terminano con una conclusione. In questa parte finale si cerca di formulare una risposta condivisa alla domanda iniziale o allo stimolo da cui era partita la discussione. Non deve per forza essere un punto di vista che tutti condividono, può capitare che rimangano dei punti di disaccordo. Ma è importante esplicitare ciò su cui si è raggiunto un incontro, il terreno comune, e poi rispettare le opinioni di ciascuno.
Il "Gioco del pensare" è un esempio concreto di come si organizza un dialogo filosofico. È particolarmente adatto per i più piccoli ma che si può usare come canovaccio anche per sessioni con ragazzi o adulti.
Ecco i sette passaggi per realizzarlo.
"Filogiocando con l'arte" è un'attività che mescola la filosofia con i bambini all'educazione artistica. In questo caso gli stimoli di partenza sono opere d'arte che spaziano dai giorni d'oggi fino alla preistoria. Al termine della sessione i bambini sperimentavano alcune tecniche artistiche e realizzavano un elaborato.
Uno degli stimoli usati è stato Girl with a balloon, uno street painting di Banksy del 2002, che ha fatto emergere le tematiche dell'amore, della speranza, della solitudine e dell'arte.
Questo è uno stralcio della discussione che ne è nata:
Alessandro: Cos'è quella scritta?
Lorenzo: lo leggo solo T…E..I...A....però non so cosa c'è
scritto, non so leggere… Ce lo leggi?
Cristina (insegnante): «There is always hope», che significa «C'è sempre
speranza»,
Filippo: Ah... beh meno male che c'è sempre speranza,
perché se no...
Enea: Ma si, ma io non so cos'è la speranza.
Alessandro: Vuol dire quando qualcuno spera che succeda
qualcosa... o che vuole tanto una cosa...
Lucia: Si, tipo io spero che il coronavirus vada via, cosi
possiamo tornare a essere in libertà...
Gioele: Perché dici in libertà?
Lorenzo: Forse perché possiamo fare quello che facevamo
prima da tranquilli, andare dove vogliamo, cosi... libertà è
quello...
Gioele: Ah si è bella allora la speranza, speriamo tutti qualche
cosa di bello!
Il quadro di Andy Warhol Marylin Diptych del 1962, icona della corrente della pop art, ha fatto emergere i temi dell'uguaglianza, della differenza, della realtà e della finzione.
Questo è un estratto della discussione:
Edo: Queste immagini sono tutte uguali!
Marilyn: Ma no… non è vero, spiegati bene.
Edo: Ma io mi sono spiegato bene, io vedo sempre le stesse cose
qui...
Marilyn: Allora, qui c'è la stessa persona ma è creata con colori
diversi.
Bianca: lo vedo una donna che può essere vera.
Cristina (insegnante): State parlando di esistenza. Qualcuno sa cosa significa?
che ha appena detto Bianca?
Ludo: Quindi che esiste davvero?
Bianca: Si, che esiste nella realtà… come noi.
Cristina (insegnante): E che cosa intendete per realtà?
Valerio: Una cosa che esiste davvero, che possiamo toccare.
Jacopo: Ma scusa, e allora il Sole, che lo vediamo ma non lo
tocchiamo, non esiste? Certo che esiste. Le cose reali sono quelle
che ci sono nella realtà e che si toccano ma si vedono anche.
Costellazioni, dipinto di Joan Mirò del 1940/41 appartenente alla corrente del surrealismo, ha stimolato una discussione sull'infinito e sul finito, sullo spazio, sui numeri, sulle forme e sull'universo.
Questo è una parte della discussione:
Alessandro: Ah io questo so cos'è... Si vede benissimo... è
lo spazio!
Lorenzo: Si Ale, hai ragione, anche secondo me quello è
lo spazio, un po' strano però per essere un vero
spazio…
Lucia: Cos'è lo spazio? È tipo un posto, una stanza, dove
siamo adesso?
Jacopo: No, no… lo spazio che ha dipinto il pittore è
l'Universo... perché, vedete?, ci sono i pianeti, forse
anche dei satelliti, le stelle... tutte cose che ci sono
nell'Universo che noi non vediamo da vicino, come in un
cielo nero e buio, gigante.
Lorenzo: E perché ci sono due occhi? Gli occhi cosa
c'entrano con l'Universo?
Maria S.: Gli occhi sembrano proprio come i nostri...
Alessandro: Mah, secondo me quegli occhi non c'entrano
niente, forse sono due stelle o due asteroidi a forma di
occhio...
Gioele: Cosa sono gli asteroidi Ale?
Alessandro: Eh, sono quelle cose fatte di pietra che
volano nello Spazio e che se sbattono si rompono...
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