Per crescere un bambino serve un villaggio (con Alessandra Bortolotti)

Dec 31, 2021
 

L'educazione non è qualcosa di limitato al rapporto tra genitori e figli, o tra insegnante e alunni. È il momento di considerare l'educazione come un'impegno collettivo che coinvolge tutta la comunità. Come dice un proverbio africano, per crescere un bambino serve un villaggio.

In questo episodio ne parliamo con Alessandra Bortolotti, psicologa dello sviluppo e dell’età evolutiva ed esperta del periodo perinatale. È autrice di molti libri tra cui Genitori di genitori (Mondadori, 2019), Poi la mamma torna (Mondadori, 2017), I cuccioli non dormono da soli (Mondadori, 2016) e il saggio diventato bestseller grazie al passaparola dei genitori E se poi prende il vizio? (Il Leone Verde, 2010).

Buona lettura.

 

In questo episodio:

00:00 Introduzione
05:19 Quanto è difficile essere una buona mamma
18:55 La solitudine delle mamme
28:48 Come stare vicini alle mamme
41:03 Scopriamo la coerenza cardiaca

 

Qualche settimana fa ci siamo imbattuti in un post di una nostra amica, mamma di due ragazze e psicologa, Alessandra Bortolotti:

Partendo da queste riflessioni ci siamo chiesti quanto è difficile essere una mamma oggi, nella società che abbiamo costruito?

"La nostra società - risponde Alessandra Bortolotti, - è basata sulla prestazione. Sembra di dover salire sull'ennesimo treno. Quando nasce un figlio, la mamma deve essere una mamma perfetta, rispettare le raccomandazioni dei medici, le tradizioni famigliari e seguire i consigli degli amici. Oggi sappiamo che quando diventiamo mamme, già dalla gravidanza, il nostro connettoma cerebrale cambia e costruisce un assetto diverso a livello neurochimico e neurobiologico. In un certo senso quando nasce un bambino nasce anche una nuova mamma. Non ci sono libretti di istruzioni, ma ci sono tante aspettative. C'è un articolo del 1975 di Selma Fraiberg et al. dal titolo Ghost in the Nursery che cito spesso: spiega come al momento della nascita di un bambino e come se ci fossero degli ospiti inaspettati nella stanza, tutte le persone che ci sono vicine e che portano il loro bagaglio di esperienze. È una cosa che ritroviamo anche nelle favole. Ad esempio Malefica, la regina della Bella addormentata nel bosco, che non essendo stata invitata al battesimo si vendica lanciando un maleficio. Tutto questo ci dà l'idea che l'ambiente che circonda una mamma e un papà li vuole entrambi prestanti, aggiornati e attenti, ma anche inseriti nella vita sociale. Ma come non ti sei fatta la tinta? Non cucini? Non ti fai la doccia oggi? Tutte queste cose sono difficili da fare senza un aiuto. Lo so bene, perché mio marito era spesso via per lavoro e io mi sono ritrovata anche per quattro giorni di fila da sola con le mia bambine. C'è un famoso proverbio che dice: Per crescere un figlio ci vuole un villaggio. Ecco, oggi ci sono troppe mamme senza un villaggio. Non siamo biologicamente pronte per questo compito. La natura ha fatto sì che le mamme sappiano interpretare i bisogni dei figli attraverso la relazione che instaurano con loro, non attraverso le prestazioni. Le persone che ci sono intorno posso aiutarci, ma il più delle volte trasformano l'essere mamma in una prestazione con domande come: Quanto mangia? Quanto dorme? Dorme con te? ecc. che mettono in difficoltà le nuove mamme che ancora stanno cercando di capire chi sono. Il punto è che le istruzioni, in qualche modo, le abbiamo: le troviamo nella relazione tra mamma e figlio e tra papà e figlio, molto più che nei consigli di chi ci sta intorno. Come disse John Bowlby in un'intervista del 1995 a Leonardo TondoO si segue la natura umana o la si combatte. Se la si combatte si hanno problemi. Se non la si combatte la vita è molto più confortevole".

 

Hai ragione, abbiamo creato una società che lascia i genitori da soli. In un'intervista a Peter Gray ho chiesto: "Qual è il miglior futuro che puoi immaginare?". E lui ha risposto: "Un futuro in cui abbiamo fiducia nei bambini". Forse, dopo questa chiacchierata, possiamo aggiungere anche la fiducia in noi stessi e in come la natura ci ha programmati. Cosa possiamo fare per costruire insieme il villaggio intorno alle mamme? E cosa può fare una mamma per sentirsi meno sola?

"La solitudine delle mamme è il problema più grande che le nuove mamme hanno. È una solitudine che deriva anche dal non essere comprese e che porta a chiudersi. E inoltre deriva dal fatto che nessuno conosce il bambino come la mamma, proprio a livello cellulare. La scienza ha scoperto che parte delle cellule del bambino restano nel cervello della mamma e parte delle cellule della mamma restano nel bambino. Questo significa che le mamme sono competenti, eppure ci sono momenti dove vorrebbero fuggire dal loro ruolo e altri dove restano paralizzare con questo esserino tra le braccia sentendosi totalmente inadeguate. È successo a tutte le mamme. In questi casi la domanda chiave è: cos'è che può farci sentire al sicuro in questi momenti? Una volta che abbiamo risposto bisogna cominciare a cercarlo, ma a cercarlo dove ci sentiamo al sicuro. Internet, ad esempio, non sempre è un luogo sicuro. Il mio consiglio è di cercare delle figure di cui ci fidiamo e rivolgerci a loro".

 

Tante volte chi sta intorno alle mamme crea delle trappole invece che essere d'aiuto. Trappole come il confronto con le altre mamme, le aspettative che creano o i consigli non richiesti. Cosa possiamo fare per stare vicino alle mamme? A volte la mia impressione è che la prima cosa da fare sia ascoltarle.

"La mamma ascoltata, ascolterà il suo bambino. La mamma ascoltata, ascolterà sé stessa. La mamma ascoltata, si darà il permesso di avere dei dubbi perché si sentirà accettata. Per me il momento più bello dopo il parto della mia prima figlia è stato vederla in braccio a mio marito. L'ascolto è un aspetto che ci siamo persi nella nostra società. Non è necessario dare soluzioni, l'importante è stare con loro perché poi la soluzione viene da sé. Anche con i bambini, a volte ai bambini basta chiedere: Cosa possiamo fare? e la soluzione ce la danno loro. Dunque ascoltiamo, a volte senza dare soluzioni. Anche prima che inizino a parlare i bambini possono dare le soluzioni. L'importante è fare squadra. Ogni componente mette quello che ha: la mamma ha più istinto mentre il papà ha più razionalità, ma la somma è maggiore dei due aspetti presi singolarmente. Ho usato spesso anche un'altra metafora: i padri svolgono il ruolo che la placenta svolge nell'utero. Non è sminuirli, perché senza la placenta il feto non sopravvive: filtra, sceglie, dà nutrimento. A volte non è stata compresa questa metafora, o non l'ho spiegata bene io, ma credo che sia corretta. Un esempio sono le visite dei parenti subito dopo il parto: è importante che il padre cerchi di comprendere se e quando la mamma ha davvero bisogno di avere altre persone intorno ed eventualmente fare filtro. Oppure essere di supporto. C'è una bella vignetta di Giorgia Cozza che mostra una mamma sconsolata sul divano che dice: Mi dispiace, oggi non ho fatto niente, e il padre risponde: Non è vero, hai fatto tantissimo. Sei stata con nostro figlio".

 

A proposito di cercare informazioni e consigli su internet, io spesso mi fido di quelle fonti che mi fanno sentire empowered. Non c'è un modo semplice per tradurre questa parole inglese, forse 'più competente' è il concetto che si avvicina di più. 

"È così. Pensiamo anche a quanto i nostri figli ci danno l'occasione di cambiare e migliorare. Una delle persone che si sono rivolte a me è una cardiologa. Prima di diventare mamma il lavoro era il centro della sua vita, ma dopo aver avuto la sua figlia non voleva più tornare a lavorare per stare con lei. Lei aveva studiato il cuore per tutta la vita, ma solo da un punto di vista. Il suo bambino le ha fatto vedere l'altro. Allora possiamo ancora citare la coerenza cardiaca. Le vibrazioni del nostro cuore vengono percepiti all'esterno, fino a cinque metri di distanza. La coerenza cardiaca è un fenomeno per il quale se un bambino ha una frequenza cardiaca irregolare, entrare in risonanza con un cuore calmo è in grado di tranquillizzarlo. Basta tenerlo in braccio. In conclusione, noi abbiamo un gran potere: portare avanti i nostri valori anche quando vacilliamo".

 

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